E io vivrò per LUI

Perdonami, ma non riesco a non parlarti della cosa più bella che sia accaduta alla mia vita: il sacerdozio! Oggi sono cinque anni, anni brevi perché ricchi di gioia (quella bella, che sa vincere e non escludere le lacrime), ma anche densi, perché quando vivi davvero, la vita è già eterna.

Cinque anni in cui ho intuito (niente più di un’intuizione) che amare è l’arte di essere piccoli e l’amato è la grandezza della tua piccolezza. Perché poi la vita ha senso solo così, se si fa spazio per un altro, per l’Altro. Ma questo chiede che tu ti faccia piccolo, sempre di più, e solo l’amore sa darti il coraggio di questa “compressione esistenziale”, che fa di te una vera bomba.

Quando si diventa sacerdoti si deve prestare un profondo ascolto, nutrito da una frequentazione smaniosa della Parola di Dio, perché lì, tra i tanti versetti, ce n’è uno che Dio ha scritto per te, c’è la tua targa. La mia dice così: «e io vivrò per LUI» [Sal 21,30]. La densità di quel “per” mi illustrava il lavoro essenziale che Dio voleva compiere sul mio cuore con questa vocazione (subito dopo si parla della “discendenza”, cioè dei frutti, ma quelli non dovevano preoccuparmi). Ebbene, in quel “per” è riassunto tutto il potere filosofico del greco ἀρχή, ovvero “ciò da cui, ciò grazie a cui, ciò verso cui tutto esiste”. L’amore ti fa piccolo, perché ti riporta a ciò che conta, al tuo ἀρχή.

«e io vivrò PER LUI»: “non ci sarei, se non ci fossi TU” è la professione di Fede iniziale, quella radicale, cioè quella che ti innerva profondamente fino a farti toccare la tua origine. Quanto ho da lasciar lavorare il divino agricoltore, io che cerco sempre l’originalità, tentando l’indipendenza dall’origine!

«e io vivrò PER LUI»: «come bimbo svezzato in braccio a sua madre» (è il v.2 del Salmo 130, che il mio rettore ci citava sempre per dire che siamo grandi, ma sempre bisognosi di Dio), «se tu non mi parli, sono come chi scende nella fossa»(Sal 28,1). È la quotidiana palestra di umiltà, quella che ti rimette al posto giusto, il posto del «buon amministratore di una multiforme Grazia di Dio» [1Pt 4,10], la posizione di chi non solo non si è dato la vita, ma nemmeno se la tiene, perché sa di non appartenersi.

«e io vivrò PER LUI»: «fecisti nos ad TE» dice Agostino. Perché non basta sapere che Qualcuno ti ha creato e che quel Qualcuno ti tiene in vita, perché così al massimo si sopravvive. Per vivere devi sapere che Qualcuno ti aspetta. Questo è quasi un esercizio grafico, esercizio che ti fa continuamente ritracciare tutto secondo il punto di fuga, che disegna la prospettiva di una corsa verso Casa. Senza méta il viaggio è puro smarrimento e quando la méta non è ben altra cosa da te stesso…beh: cominci a trottolare finché non cadi sfinito per la nausea di una traiettoria troppo piccola.

Ma la cosa straordinaria è che il versetto «e io vivrò PER LUI»si può anche scrivere così: «e io vivrò PER lui». Lui, il fratello: áncora del Cielo che abiti, bussola per la casa che cerchi. Il fratello è il tappeto sul quale chinarsi, sul quale poggiare le labbra per un’unione intima alla sua bassezza. Il fratello è il passo che segna la schiena, disegnandoti ancora una volta come ponte. Vivi per il fratello che servi e sei vivo proprio perché lui si fa servire da te, perché un sacerdote, se dimentica il grembiule, presto perderà anche la stola.

Non basta: il “vivere PER” trasfigura persino le pagine che tu cifreresti come sbagliate. Il sacerdozio ha un legame mistico con la sofferenza, perché, se la vita si fa altare, la prima cosa che vi si posa è la croce. Ma guarda che miracolo vede chi crede: le tue sofferenze sono sacrificio, le loro sofferenze sono vocazione e mentre tu bruci tutto come incenso che tutto [s(‘)]offre, ti ritrovi a spenderti come olio versato per guarire. E smetti di essere un moribondo depresso, perché quando incontri la sofferenza diventi medico e quando la vivi diventi vittima. Medico e vittima: mani e cuore della Salvezza.

E di istante in istante rincorri il rintocco che ti riavvicina ad accarezzare le pagine del tuo breviario, pieno di storie, così come il tuo Rosario, da sgranare per dipingere con i colori di Dio i volti degli uomini. Uomo di preghiera il sacerdote, perché per immergersi tra gli uomini deve avere la certezza di aver gettato prima il cuore in Dio, così che non manchi mai il respiro della Speranza tra tanti disperati. Un dolore lancinante in questi cinque anni è stato proprio il constatare la disperazione di tanti fratelli, ormai annegati nel piattume (e pattume) di un mondo che non vede l’ora di sporcare di terra il volto di chi è chiamato a fissare il Cielo, fino a renderlo irriconoscibile agli uomini e dimentico del Paradiso. Un prete senza preghiera è un rabdomante senza bastone: cammina, incrocia, ma non trova.

E poi riparti ancora, con l’unico peso di quell’incessante “senza”, che è poi la misura della missione, ma il cuore, non avendo niente e nessuno da stringere, si allarga ancora in infiniti, sorprendenti abbracci. Perché tu non hai nessuno, così che tu possa essere di tutti: questa è la castità che ti fa palpitare il cuore. 

Infine, quando giungi a sera con gli occhi che si chiudono a nascondere il tempo, che più non ti appartiene, sorridi frantumato come pane, perché quel tempo, che per tanti è tiranno, per te è dono liberante. Fa male lasciarsi mangiare, ma scoprirsi nutrimento è il momento più intenso di svelamento del senso della vita, perché solo chi si consuma arde.

E io? Grato, «io vivrò per LUI».

Un pensiero su “E io vivrò per LUI

  • 16 giugno 2018 at 15:16
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    “e io vivrò PER LUI»si può anche scrivere così: «e io vivrò PER lui». Lui, il fratello: áncora del Cielo che abiti, bussola per la casa che cerchi. Il fratello è il tappeto sul quale chinarsi, sul quale poggiare le labbra per un’unione intima alla sua bassezza.”
    Tutto bello ciò che scrivi, ma quanto riportato sopra è ambiguo.
    O vivrai per Lui o per il fratello!
    Il fratello è solo colui che Egli ti invia per servire, in umiltà, nel bisogno.
    Il legarsi al fratello tanto da vivere per lui con la scusa del grembiule, non è ciò che Lui ti chiede.
    Lui ti chiede di essere libero da ogni sorta di legame, altrimenti, con tutta la buona volontà, non potrai mai vivere per Lui.
    Sembra eccessivo e inverosimile, ma chi vive per Lui, vivrà solo per Lui, senza dimenticare il servizio che è per tutti, a partire dai lontani, senza discriminazioni.

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